domenica 7 ottobre 2007

Il biologico francese ha bisogno di aiuti

Si è riunito venerdì scorso il primo Congresso nazionale francese dedicato al biologico, che Oltralpe conta solo l'1,8% della superficie coltivata e ha un andamento di mercato oramai stagnante. Il gruppo di lavoro prevede di raggiungere il 6% delle aree coltivate entro il 2012 e il 20% entro il 2020. Il problema, però, è che l'agricoltura biologica è una metodologia colturale nata e cresciuta nel solco dell'economia di mercato, e quindi non ne elimina tutte le storture. Per esempio il grave impatto ambientale che il sistema dei trasporti alimentari ha, oppure le filiere troppo lunghe; nessuno dei due problemi viene in realtà affrontato dal biologico, semplicemente perché esso si dedica esclusivamente alle tecniche colturali, e non anche all'economia, alla società con le sue abitudini di consumo, o al mondo politico e intellettuale.
Ciò che occorre fare, piuttosto, è tentare l'azzardo di porsi la domanda con cui mettere in discussione proprio ciò che diamo per scontato: possiamo cambiare il sistema produttivo, della distribuzione e della vendita? Possiamo ritornare ad una produzione ed un consumo localizzati, radicati nelle specificità del territorio? Possiamo realizzare un'agricoltura più giusta?
Fin quando si resta nell'ottica dell'economia deregolata in cui viviamo, infatti, si pensa percorrendo un circolo vizioso: questo non va bene, come posso fare? Lo incremento, lo sviluppo, lo accresco. Quando c'è qualcosa che non va, come si fa con un malato che non risponde bene alle cure, si aumenta il dosaggio; peggiora? Lo si aumenta ancora. Ciò che non si capisce è che è il farmaco stesso a farlo peggiorare, per cui bisognerebbe semplicemente sospenderlo. Questo è l'azzardo, mettendo in discussione quel che riteniamo giusto o irrinunciabile e immodificabile.
Ovviamente è un bene che i nostri Paesi aumentino la quota di agricoltura destinata alle produzioni biologiche; è anche ora di smettere di credere, tuttavia, che questo ci metterà al sicuro dagli altri numerosi problemi che il nostro stesso sistema economico e produttivo crea.
Per cui non resta che pensare il cambiamento come un'alternativa praticabile.


(Fonte: Greenplanet)

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